Quando è stato annunciato il primo caso di Covid-19 in Kenya, nel marzo 2020, si è diffuso il panico anche tra i genitori di figli nei collegi dove le strutture sono condivise e il rischio di contagio è maggiore. Il Governo si è mosso con rapidità e il 20 marzo ha ordinato la chiusura di tutte le scuole di ordine e grado. Molti pensavano che la situazione sarebbe cambiata in pochi giorni, ma non è stato così. Il Governo ha poi iniziato a incoraggiare la didattica a distanza e a svolgere attività che coinvolgessero i bambini a casa, per evitare l’ozio e l’apatia. Questa proposta ha poi portato alla creazione del “Community Based Learning” (CBL), un progetto didattico per l’apprendimento di conoscenze teoriche e pratiche organizzato su base territoriale: gli insegnanti di quartiere prendono in carica i giovani della propria comunità di appartenenza.
Prima che l’iniziativa si diffondesse in diverse parti del Paese, a Highrise, un quartiere di Nairobi, una persona – Musa Otieno- aveva già avuto un’idea simile. Musa è stato uno dei giocatori più apprezzati della nazionale di calcio del Kenya, prima di ritirarsi, nel 2011. Successivamente, grazie alla sua organizzazione -la Fondazione Musa Otieno- si è dedicato ad iniziative ludico-formative destinate ai bambini. Con il Covid-19 e l’obbligo di limitare gli spostamenti, Musa ha deciso di impegnarsi con i bambini del suo quartiere, organizzando allenamenti e attività formative che hanno portato alla costituzione di un’accademia sportiva, nel luglio 2020, entusiasmando genitori generalmente ossessionati dai meri risultati scolastici. “Abbiamo un’enorme risorsa in questo Paese: i talenti, dobbiamo coltivarli” insiste Musa. E quale modo migliore per tenere occupati i bambini se non quello di coinvolgerli nello sport che produce grandi benefici e non solo a livello professionale.
Il Covid-19 ha dato la possibilità ai genitori di trascorrere più tempo con i propri figli a casa. Dopo l’annuncio della chiusura delle scuole per un periodo di dieci mesi, le famiglie hanno, sì, organizzato le giornate dei propri ragazzi in modalità online ma per molti è stata l’occasione di scoprire e valorizzare competenze e non solo nello sport, grazie ad esempio ad iniziative come quella di Musa. E’ stato il tempo per affinare talenti in grado di sviluppare, in certi casi, anche iniziative remunerative. Si è scoperto che il talento è una dote e non necessariamente un ostacolo alle carriere accademiche. La necessità di trovare soluzioni alle tante difficoltà emerse con il Coronavirus ha portato molte persone talentuose ad avviare iniziative imprenditoriali su scala locale, ad esempio.
Una delle innovazioni più interessanti è stata quella degli studenti di Kenyatta University che hanno progettato e realizzato un ventilatore polmonare. Questa iniziativa ha suscitato grande entusiasmo ed è stata di ispirazione per l’avvio di diverse altre micro imprese. Stephen Wamukota, un bambino di nove anni della contea di Bungoma, ha inventato una macchina per igienizzare le mani a casa utilizzando materiali disponibili in loco: un secchio d’acqua si rovescia tramite un pedale così da potersi lavare evitando di toccare superfici, riducendo il rischio di infezioni. Stephen ha ricevuto un premio presidenziale per la sua invenzione. Altre soluzioni si sono susseguite a livello locale, contribuendo a migliorare il quotidiano delle persone. Il Virus ha quindi rafforzato la resilienza dei produttori locali e la loro capacità produttiva, riducendo la dipendenza da prodotti e soluzioni importate.
Ritorno alle origini
L’emergenza epidemiologica ha costretto, anche in Kenya, a rimandare a casa gli studenti e gli insegnanti, oltre che tutti gli altri lavoratori. Per il corpo docente inquadrato a tempo indeterminato non c’è stato grosso danno, dato che hanno continuato a percepire lo stipendio. La maggior parte degli insegnanti, soprattutto quelli delle zone rurali, non potevano nemmeno tenere le lezioni online a causa della mancanza di elettricità e di strumenti elettronici. Problemi maggiori ne hanno avuto gli insegnanti a contratto, il cui salario è stabilito dalle singole scuole le quali, nella maggior parte dei casi, non sono state in grado di continuare a sostenere l’onere, in mancanza di studenti. Venendo a mancare anche la possibilità di svolgere lezioni private a domicilio, per molti è stato davvero difficile poter andare avanti.
Jac Collins, insegnante, ha una famiglia giovane e lavora e vive a Kisii, una città situata nella parte occidentale del Kenya. Quando la situazione è peggiorata, gli è venuta l’idea di tornare nella casa d’origine e di investire nell’agricoltura; è tornato nella contea di Homabay e, utilizzando i suoi magri risparmi, ha avviato un allevamento di pollame. Ha iniziato con circa 50 polli e ben presto ha ottenuto il sostegno della famiglia e degli amici per incrementare l’attività. In due mesi, Jac ha visto trasformare la sua idea in un’attività redditizia. “Mi sento appagato, non sapevo che l’agricoltura fosse una cosa così bella” ha detto Jac in un’intervista. Ora dice che quando le scuole riapriranno, dovrà riconsiderare il suo incarico precedente. “Preferirei insegnare in una scuola di paese e mantenere in piedi il mio allevamento di polli“.
Jac è convinto che il Covid-19 gli abbia dato l’opportunità di vedere “l’altro lato della vita“. Ora lamenta il destino di molti giovani laureati che riescono a malapena a sostenere i costi nelle aree urbane, eppure credono che l’agricoltura sia disdicevole e che solo chi non è istruito possa praticarla. Jac custodiva il sogno dell’attività agricola ma non aveva il coraggio per iniziare: la difficoltà dovuta al Virus gli ha dato la spinta di cui aveva bisogno.
Con il divieto di spostamento, i più colpiti sono stati i lavoratori a basso reddito che per sopravvivere dipendono dalle entrate giornaliere. Anche prima della pandemia di Covid-19, il tasso di disoccupazione in Kenya era alto, pesando tanto sui giovani al di sotto dei 40 anni. Secondo il censimento del 2019, il tasso di disoccupazione stimato in Kenya era del 39%.
Come Jac, molti giovani hanno scelto di tornare nelle loro case rurali quando è stata imposta la chiusura. Questo ha però aperto nuove possibilità, come nel caso di Julie Mukhwana che ha iniziato a considerare la modalità online come un’alternativa al lavoro di comunicazione in ufficio a cui era già abituata. Insieme alla sorella Julie, hanno iniziato ad affinare le loro competenze nell’aprile del 2020 e nel giro di un mese erano già pronte a lavorare sul web, riuscendo a guadagnare in media 20 dollari al giorno. A luglio, le due ragazze vivevano già comodamente del lavoro online. In un’intervista al quotidiano locale People Daily, le ragazze hanno incoraggiato i giovani a prendere in considerazione le opportunità di lavoro in modalità web per affrontare le sfide poste dalla disoccupazione. Esperienze come quella delle due sorelle si sono moltiplicate nel corso dei mesi di chiusura e anche se, nel 2015, il governo del Kenya aveva già avviato dei programmi di digitalizzazione e di penetrazione di internet nel Paese, la pandemia del Covid-19 è stato di certo un catalizzatore.
Covid-19, quindi, può aver incoraggiato i paesi africani a considerare maggiormente il lavoro online, contribuendo di certo a ridurre i tassi di disoccupazione, ad avere maggiore flessibilità e più produttività. Senza pensare ai benefici relativi alle tante difficoltà che le grandi città comportano: la riduzione di traffico, più tempo da passare in famiglia e così via.
Denis Okova è un farmacista che vive e lavora a Nairobi. Quando Denis si è laureato, quattro anni fa alla scuola di medicina e farmacia di Kenyatta University, sperava di trovare presto un lavoro. Dopo due anni da disoccupato, gli venne l’idea di avviare lui stesso una farmacia, assieme ad un paio di amici, ma con la chiusura imposta per il Coronavirus, gli affari sono andati molto male. Denis è stato costretto a chiudere l’attività e a tornare a casa, in campagna. Lì, non si è dato per vinto, ha iniziato ad investire nell’allevamento di bestiame da latte e in colture agricole. In poco tempo, gli affari sono cresciuti così tanto da convincere il ragazzo a rimanere a casa, dedicandosi a tempo pieno ai lavori della terra.
Mentre gli esperti ipotizzano, senz’altro con buon motivo, che la pandemia porterà un arresto della crescita economica in Africa e causerà effetti sociali devastanti, forse le storie di sopravvivenza e di resilienza raccontate sopra offrono una speranza. È nell’attenuare gli effetti della pandemia dall’interno che il Continente potrà avanzare verso lo sviluppo economico sostenibile, l’investimento in una migliore assistenza sanitaria e l’accesso ai servizi di base per tutti. Il futuro dell’Africa è nelle sue mani.
HARAMBEE APPOGGIA GLI OSPEDALI PARTNER IN AFRICA NELLA LOTTA AL CONTRASTO AL COVID-19.
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